lunedì 14 febbraio 2011

Medical Writing e Marketing: attenzione, rigore ed efficacia sono un obbligo

di Rossella Ferrari.


Ci sono situazioni professionali in cui ci si deve muovere con la stessa perizia che ci imponiamo quando visitiamo una cristalleria di Murano.
E credo che il paragone possa reggere, quando si parla di una delle aree più interessanti in cui può operare il Medical Writer, cioè quella dell’attività di Marketing delle imprese farmaceutiche (intesa come attività di base per l’informazione sui farmaci).


Tale attività riveste un ruolo critico, periodicamente al centro di corposi servizi giornalistici.
In Italia esistono diverse leggi che normano anche questa materia. In primo luogo, un Decreto Legislativo del 2006 che recepisce la Direttiva Europea del 2001; in più, esistono anche Delibere Regionali (per alcune regioni italiane), emesse dal 2001 al 2007 che regolano ulteriormente l’attività promozionale ai medici e, quindi, tutti i relativi testi scritti.

I testi scritti utilizzati per la promozione di “farmaci etici” (ossia, i farmaci che si hanno in farmacia solo presentando la ricetta di un medico) devono – di regola – essere tutti redatti riferendosi a fonti bibliografiche chiaramente indicate nel testo stesso.

Inoltre, su alcuni tipi di mezzi promozionali come, per esempio, i visual aid per il medico, i testi scritti devono essere un fedele “riporto” dalle fonti indicate.

Quindi, il punto critico spesso è la bontà delle fonti bibliografiche. Di solito, sono utilizzate pubblicazioni scientifiche il cui livello viene misurato con indici internazionali basati, a loro volta, su parametri di qualità specifici.

Prima della loro produzione, i mezzi promozionali dei farmaci etici seguono un iter di controllo e approvazione interno all’azienda farmaceutica (dipartimento medico e regolatorio interno) prima di passare all’invio per approvazione al Ministero della Salute.

Trascorso un periodo di tempo dopo il quale vale la regola del “silenzio-assenso”, il materiale può essere stampato e utilizzato dagli informatori medico-scientifici.

Ma al di là delle norme, credo che la vera sfida sia distinguere il confine tra pubblicità, informazione e comunicazione.

L’attività che le aziende svolgono sui prodotti di automedicazione (senza obbligo di ricetta medica) è prevalentemente commerciale, quindi, pubblicità.

La diffusione di conoscenza circa alcune patologie può essere considerata informazione e la comunicazione (sia sui prodotti etici che di automedicazione), permettendo di comprendere, elaborare e sintetizzare le informazioni, le può trasformare in fattori di decisione su azioni da intraprendere.

Il punto cruciale è tenere sempre presente la necessità assoluta di realizzare una comunicazione sui farmaci sempre corretta e davvero efficace.


Il blog di Rossella

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